Marco: L'attacco dell'11 settembre ha causato una reazione planetaria contro il terrorismo. Probabilmente non sono tanto gli USA, come ideale di coesistenza globale su cui fa affidamento il mondo
occidentale, che sembrano essere minacciati per sempre...
Nel tuo lavoro ci sembra di sentire un richiamo al bisogno di dare rispetto e considerazione alle realtà etniche e sociali che rischiano di venire distrutte da logiche di guerra o da giochi di
potere.
Cosa pensi della globalizzazione del commercio e (cosa al momento di drammatico interesse) della globalizzazione del 'controllo dell'ordine mondiale' (abbiamo un espressione italiana per
questo...che indica lo sforzo fatto dai leader mondiali per raggiungere la pace a qualsiasi costo...anche attraverso violente operazioni militari)?
R: Beh, il mondo si sta globalizzando indipendentemente da come e quanto le persone protestino. Non penso sia qualcosa che si possa fermare. Il mio grande problema con questo imperativo storico è
che la globalizzazione sta avvenendo a spese continue della maggioranza della popolazione. Ci sono grandi ingiustizie e squilibri tra il nord e il sud (per citare la divisione più evidente), e
senza che queste ingiustizie vengano prese in considerazione, la globalizzazione sta trasferendo le risorse più efficienti dai poveri ai ricchi e i poveri sono sempre più insofferenti. Non credo
che questi leader occidentali abbiano intenzione di prendere delle decisioni tenendo in considerazione quei segmenti di popolazione mondiale che vengono sfruttati. Vedo più conflitti nel futuro,
non di meno.
D: Nella prefazione a A Nation Occupied (Una Nazione Occupata), a metà degli anni novanta, attendevi con ansia una soluzione o, per lo meno, una parziale soluzione, all'eterna lotta tra Israele e
la Palestina...Cosa pensi della situazione attuale?
R: La situazione è veramente critica. L'occupazione deve semplicemente finire e i diritti dei rifugiati palestinesi nelle altre parti del mondo arabo devono essere rispettati. Israele, però, non
è affatto pronto ad affrontare queste problematiche. Nel frattempo, il comando dell'autorità palestinese è in crisi. I palestinesi hanno bisogno di esercitare il loro legittimo diritto alla
resistenza contro l'occupazione israeliana, ma in modo creativo. Far esplodere un autobus pieno di civili israeliani è immorale e controproducente. I palestinesi hanno bisogno di un Martin Luther
King o di un Nelson Mandela.
D: Nei tuoi lavori catturi l'attenzione del lettore con il tuo tratto incalzante e dinamico (sia con il disegno che con l'uso di didascalie che contribuiscono a comunicare sensazioni e a far
crescere la tensione nella storia). Il tuo tratto 'organico', intenso ed espressionisticamente deformato permette alle figure umane di creare il proprio spazio esistenziale e psicologico.
Che rapporto c'è tra gli aspetti artistici e quelli enfatico-comunicativi nei tuoi lavori?
R: Ovviamente, tanto quanto è possibile. Cerco di fare in modo che i disegni abbiano tanto significato quanto le parole. Non ho teorie a questo proposito. Procedo in modo istintivo quando sono al
tavolo da disegno.
D: Parliamo un po' dei tuoi metodi di lavoro. Usi solo libretti per appunti e foto per ricordare storie e fissare scene? Cambi mai le vicende per adattarle ad una tua idea? Quant'è importante la
tua personale opinione sui fatti?
R: Io agisco come fossi un reporter quando sono sul campo: prendo appunti, faccio interviste e foto. Nessun riferimento è inventato. Sono tutti tratti da interviste o ricostruzioni di
conversazioni riportate sui miei diari di viaggio. Ovviamente il modo in cui presento le storie è collegato a ciò che penso, alle mie visioni politiche, ecc. Non sono un reporter obiettivo, ma
sono corretto. Cerco di fornire un'opinione e se qualcosa che vedo o che sento si distacca da essa, presento anche quella. Nel mio libro sui palestinesi ho inserito alcune loro conversazioni che
non influiscono certo positivamente su di loro, anche se penso che i palestinesi siano sempre stati storicamente fraintesi.
D: Potresti essere definito un autore impegnato politicamente. L'ambiguità e l'apertura a diverse interpretazioni dei tuoi resoconti, sono tipiche degli incontri ravvicinati tra arte e
informazione o tra arte e politica. Che importanza dai al contributo di questo 'extra' artistico, senza il quale i tuoi libri potrebbero essere considerati veri e propri reportage, prodotti che
forniscono informazioni basate su un certo tipo di obiettività?
R: (non sono sicuro di avere capito bene la domanda, ma rispondo per quello che ho capito) Informazioni politiche e storiche annoiano spesso il lettore fino alle lacrime. Il mio ruolo, in quanto
artista interessato alla storia e alla politica, è quello di presentare le informazioni in modo che coinvolgano il lettore. C'è un lato artistico in ciò che faccio, opposto a quello
giornalistico. Non ha senso colpire il lettore sulla testa con delle mazzate, il lettore chiuderebbe il libro e se ne andrebbe. Sto cercando di raggiungere un tipo di audience generale, persone
che normalmente non sceglierebbero un libro sulla Palestina o sulla Bosnia. Il fumetto è sovversivo perché è una forma d'arte popolare e una gran quantità di informazioni possono essere trasmesse
proprio tramite questo medium. Almeno questo è quello che credo.
D: In una recente intervista descrivi Gorazde (il tuo libro Safe Area Gorazde verrà pubblicato per la prima volta in Italia nei prossimi mesi...) come una piccola comunità, un microcosmo umano da
esplorare e su cui poter scrivere. Quando lessi Palestine, notai lo stesso interesse verso la vita di tutti i giorni, piuttosto che una semplice descrizione di 'fatti' ed eventi. Per favore,
parlaci di questo aspetto del tuo lavoro...
R: Penso che molti racconti riguardanti luoghi in Bosnia e in Palestina tendano a concentrarsi su grandi foto d'insieme, cosa senza dubbio necessaria per capire la situazione generale. Ma io sono
più interessato a presentare storie di persone all'ombra della storia, le cui vite vengono travolte da grandi eventi storici, che politici e generali trattano con estrema facilità. Voglio rendere
in qualche modo reali queste persone ordinarie, e presentarle come individui con le proprie storie, volontà e bisogni. Come farlo se non mostrando le piccole cose della realtà quotidiana che
riempie le loro vite, i dettagli? Mostrando i loro rituali giornalieri e la loro routine, il lettore si rende conto di quanto siano simili e allo stesso tempo diversi da un rifugiato di Gaza o da
un soldato a Gorazde.
D: Come autore, senti di migliorare col tempo? Cosa pensi dei tuoi lavori passati e delle tue esperienze? La tua recente notorietà (so che non sei una superstar...mi riferisco alla vittoria del
premio e alla buona impressione sulla critica ottenute dal tuo lavoro negli ultimi anni...) ha in qualche modo cambiato le tue abitudini o i tuoi modi e metodi di lavoro?
R: Sento che le mie capacità sono migliorate. Ma è una cosa naturale. Non sono interamente soddisfatto di nessuno dei miei lavori e non è una conseguenza del guardare indietro e pensare che avrei
potuto fare le cose diversamente. Credo abbia a che fare con la sensazione di non essere del tutto capace di cogliere l'effetto che volevo nel momento in cui stavo disegnando. Generalmente, i
miei metodi non sono cambiati di molto, forse si sono raffinati.
D: Ci sono dei punti di riferimento o modelli nel campo dei fumetti e del giornalismo ?...C'è un qualche autore in particolare che ti ha influenzato più di altri e ha 'guidato' il tuo stile? Da
dove proviene la tua ispirazione?
R: Sono stato influenzato dall'arte di Bruguel il Giovane, Will Elder (da Mad Comics) e Robert Crumb. Ma sono i giornalisti ad influenzarmi maggiormente, in particolare George Orwell che era
pronto a trovarsi in qualsiasi situazione per capire meglio le circostanze. Amo in particolare il suo libro La strada per Wigan Pier che riguarda i minatori inglesi durante la depressione del
1930.
D: Dammi una definizione o un commento a queste parole:
R: GUERRA: brutta roba, non evitabile tanto facilmente.
INFORMAZIONE e MEDIA: questi coprono la gamma che va da positivo e illuminante a negativo e deformante. Non si può generalizzare sui mezzi di comunicazione.
ARTE: L'arte che non tenta di affrontare la condizione umana o la nostra relazione con le cose tangibili attorno a noi non mi interessa.
POLITICA: Non posso negare di essere affascinato dai processi con i quali le persone prendono le loro decisioni o le fanno prendere da qualcun altro. Sono più interessato ai leader che ai
politici. I leader possono portare una società avanti oppure distruggerla. Sono di solito politici anch'essi, certo, ma molti politici sono solo mediocri ambiziosi che non ispirano nulla.
TERRORISMO: Terrorismo è una parola faziosa generalmente usata per fini politici, quindi cerco di evitarla. Preferisco la parola assassinio. Ciò che è successo a New York, ad esempio, è stato un
assassinio di massa.
La nostra rivista