Il fumetto underground in Italia non si è mai sviluppato.
Nei bollenti anni '70 i militonti, ovvero gli attuali cinquantenni "democratici" e conciliatori, giocherellavano a fare la rivoluzione marxista-maoista-maccheronica, contestando tutto quello che oggi servili ed ipocriti difendono, e non permettevano la diffusione di metodi comunicativi diversi dal funereo ciclostilato o dal gracchiante proclama megafonato. I "lottacontinuisti", gran parte dei quali sono diventati dei leccapiedi ultraliberisti vergognosamente "rigirafrittata", non consentivano alle teste fantasiose di scalzarli dalle luci della ribalta e oggi continuano a presenziare con le loro rughe stanche nei "tolksciò", ruttando lodi al dio denaro e pentimenti sui trascorsi para-ribelli, raccontando che in quei lontani anni tutti erano "tristi-dogmatici e orribili" come loro.
Hanno costantemente avuto il difetto di sentirsi leaderini incontestabili e soprattutto indispensabili. Volevano e vogliono sempre dettare le regole del gioco. In quegli anni di "burocrati extraparlamentari", Matteo Guarnaccia e Max Capa ci hanno provato a portare nuovi segni nell'italia pizzettara ed ombrosa, ma due "creativi bravi e libertari" per quanto facciano non possono abbattere i muri eretti dai "Biechi Blù". Poi, l'amore per le pistole ha tolto ogni possibilità di vedere realmente un briciolo di fantasia al potere e la generazione degli adolescenti di fine anni '70 si è ritrovata strozzata tra due mediocri e terribili scelte: una sanguinaria lotta armata e una spietata repressione di stato. La droga pesante, inoltre, ha aiutato molti a riporre nel cassetto le motivazioni per rinnovare l'immaginario e la vita stessa.
Passata la sbornia pseudo-rivoltosa è arrivato il riflusso degli anni '80: agli inizi gli ingredienti basilari furono l'eroina e l'ultimo crepitare delle mitragliette di sedicenti "proletari rivoluzionari", poi l'orrido cinismo. E qui è emersa un'altra bella banda di "ipocriti" che ha sostituito degnamente i predecessori. Giovinotti, usciti malconci dalle assemblee pallose dei fine '70, hanno iniziato a vaneggiare su "spigoli - territori contigui - mutazioni visive - etc...", puntando all'abbattimento del fumetto stanco alla Hugo Pratt.
E' nata così una bella rivistina patinata, redatta da trafficoni in odore di megalomania e alla ricerca di fans osannanti, che ha gabbato per un lungo periodo i giovani polli di quegli anni schifosi e stupidi. La loro epopea florida è durata un biennio; poi, da "vere prostitute artistiche" quali sono sempre state, hanno iniziato a cercare lo stipendio fisso elargito da coloro su cui avevano all'inizio sputacchiato. Queste "comari off" non sono riuscite a costruire nessun progetto, solo un asilo infantile in cui giocherellare alla rockstar livorosa.
Nel loro "frigorifero" che cosa ci hanno lasciato? Solo macerie, fandonie e presunzione a chili. In seguito i redattori sopravvissuti, rimasti a riempire un contenitore inutile e moribondo, si sono divertiti a carpire la buonafede di giovani autori fessi, ammaliati dai fasti di un passato lontano e pronti a regalare la propria " ingenua linfa creativa" a questi sfruttatori di buonafede. E' facilmente comprensibile che da simili "pataccari bolliti" non ci si poteva aspettare nascita-crescita e sviluppo di un "movimento underground". Di quegli anni rimane solo un' insopportabile nostalgia che ha ottenebrato critici, addetti ai lavori, ex giovini lettori di allora e avvoltoi dell'ultima ora.
E siamo ai '90: decennio in cui ho partecipato in primis ad una inutile lotta per dare visibilità al fumetto "diverso" (che io preferisco chiamare cosi', non sentendomi legato al comix underground USA degli anni '60 e '70) in questo paese di conservatori.
Il fumetto "diverso" non ha avuto espansione nel nostro paese per una variegata serie di motivi. Probabilmente non abbiamo saputo interessare i potenziali fruitori con adeguati stimoli "visivi-verbali".
C'è da dire comunque che dagli inizi degli anni '90 il fumetto nella sua globalità è stato riconquistato dai tradizionalisti e che ogni segno non codificato viene considerato da molti addetti ai lavori incomprensibile masturbazione artistoide, provocando in alcuni "critici" veri e propri malesseri fisiologici.
In ogni caso la nostra operazione di diffusione del virus è fallita: il fumetto "diverso" non è mai stato posto sullo stesso bancone degli altri generi e siamo rimasti in piccoli recinti a scannarci tra sparuti fondamentalisti in logoranti faide stilistiche e spesso esistenziali. Non abbiamo concluso nulla e il comix con stilemi differenti da Bonelli-Disney-Marvel-Manga-Nostalgia Passato è scomparso dagli scaffali delle fumetterie e dalle "sagre-mercato" e le ridotte presenze concesse per pietismo non sono servite a nulla.
Critici annoiati, giornalisti-paparazzi in cerca di scoop, organizzatori di mercatini rionali spacciati per importanti festival internazionali, bottegai incolti e monotematici di giornaletti-mercanzia, alcuni editori-malavitosi hanno contribuito inoltre a dare la mazzata finale ad una sgangherata combriccola.
Gli autori "indipendenti" degli anni '90, nella maggior parte dei casi, hanno considerato l'underground un'area di parcheggio in cui interpretare il ruolo di "genio fottutamente maledetto", attendendo il posto fisso in qualche rivista tradizionale e di conseguenza "morbide e calde pantofole cerebrali". Non si è nemmeno iniziato a lavorare per costruire una scena con contenuti e stili, luoghi per la distribuzione, opportunità per il confronto, si è implosi prima. Ci si è subito chiusi in minuscole parrocchiette cieche e incapaci di interagire; ogni oratorio si è sentito indispensabile, migliore dell'altro e la spocchia ha prevalso su tutto.
Alcuni, forse spaventati dalla fine veloce di un'adolescenza troppo repentina, hanno iniziato a riempire pagine e pagine con storielline in cui eterni studenti si chiedevano al massimo "... andrò in vacanza a Londra o passerò l'estate in sella al mio vespino?... sto meglio con i dred o mi rapo?". Pareva che fossimo tutti destinati ad una comoda vita da liceale trendy, con lieve accento bolognese, che vascheggia annoiato tra festine fichettine, capatine in bibliotechine, suonatine in gruppettini rockettini, bacettini e cicciatine zuccherine.
E la mafia che ammmazza i sogni del meridione, l'insopportabile olezzo del razzismo più rancido espresso dai padani doc, la guerra nel Golfo, quella nell'ex-Yugo, l'AIDS, gli occhi di bimbi africani che crepano con la mosca al naso tra l'indifferenza dei "guerrafondai umanitari", la vita quotidiana fatta di precarietà, di lavoro atipico ed interinale in cui non hai due lire manco per una pizza e tante altre piccole fesserie che ci lasciano inchiodati in questo fetentissimo mondo, senza poter volare, chi le ha viste nei "selvaggi fumetti underground e alternativi italiani" tra il 1990 e il 2000? Solo Maurizio Ribichini ha avuto il coraggio di sbatterci in faccia il peso della melma che ci ha reso cuori di granito, tutti gli altri sono naufragati in forbiti ed eleganti esercizi di comodo stile. Quasi nessuno ha imparato la lezione dettata da autori come Zograf e Sacco, ci si è perduti nel leccare i piedi agli art directors delle case editrici per un briciolo di vana gloria e due autografi trascritti malamente sui reggipetti di fans ciccine darkettine-punkettine vacuettine.
Abbiamo chiuso gli occhi, impedendo al fumetto nella sua interezza di uscire dall'underground in questo paese di "intellettuali snob" che considerano i "giornaletti" un linguaggio per bimbi deficienti e che non premierebbero mai un Maus come miglior libro dell'anno ai premi Strega e Campiello: tombe sepolcrali in cui dove la razza "selezionata" dei piùmeglio si fa pigliare da un coccolone se sbagli un congiuntivo, ma resta zitta vigliaccamente se nell'estate del 2001 si possono ancora picchiare e torturare impunemente le persone nelle patrie caserme. Il fumetto in Italia non ha necessità dell'underground, perché e di per stesso un settore underground: nessun Ministro della Cultura si impegnerebbe a tutelare l'arte sequenziale come fa con lo sport, il cinema, la pizza cotta nel forno a legna, il suono cristallino del mandolino "verace". Tutte cose, queste, che fanno di noi italiani un popolo creativo, pacifico e simpatico.
Abbiamo fallito, ora la pallina passa ai più giovani.
Io ho acquistato un bel paio di pantofole.
Mi siederò in poltrona e osserverò gli eventi: curioso di vedere se almeno i nuovi pischelli riusciranno a dipingere i grigi orizzonti con qualche sprazzo di colore vivo e solare.
Me lo auguro e glielo auguro di cuore.
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